Due parole sulla traduzione, sullo smart working e sull’arte del cambiamento
Una chiacchierata con Isabella Blum
Isabella C. Blum è una traduttrice professionista che ha collaborato con case editrici prestigiose, affermandosi come nome nel settore della traduzione scientifica: sono sue, per esempio, le traduzioni di Charles Darwin per Laterza ed Einaudi e delle opere di Oliver Sacks per Aldephi. Ma relegarla a questo ruolo sarebbe riduttivo (leggere il suo sito per credere). Tra le altre cose, Isabella è tra le fondatrici del Master in Traduzione ICoN, del quale è stata docente per molti anni; dal prossimo anno proporrà alle future classi virtuali lezioni e videolezioni su temi centrali per la traduzione scientifica. Abbiamo voluto chiedere la sua opinione su alcuni temi di attualità in questo particolare momento storico, e alla vigilia della XIII edizione del Master.
Buongiorno, Isabella! Cominciamo con una parola chiave del 2020: smart working. I liberi professionisti nel settore della comunicazione non sono nuovi a questa modalità di lavoro, non è vero?
Buongiorno Maria Chiara! Effettivamente è vero, per me lavorare a casa, dal mio studio, è la norma – da sempre.
Esistono alcuni vantaggi notevolissimi. In primis, sono completamente azzerati i tempi di viaggio da e verso il luogo di lavoro, per non parlare dei costi e della fatica. Il lavoro di traduzione si svolge alla scrivania e il fatto di essere a casa – con tutte le mie comodità (biblioteca, documenti, programmi, ma anche caffè e giardino) – è un grosso vantaggio. È anche una soluzione ecologica (meno spostamenti, meno inquinamento): oggi ci sono moltissime operazioni che possono essere svolte dalla scrivania di casa, all’insegna di un maggior rispetto dell’ambiente. Tanto per fare un esempio, anni fa la consultazione di volumi in biblioteca imponeva di recarsi sul posto. Nel mio lavoro, per ogni libro che traduco devo leggerne o consultarne decine. Un tempo dovevo visitare le singole biblioteche, perdevo moltissimo tempo ed era faticoso. Oggi faccio grande uso del prestito interbibliotecario. Posso ordinare i libri che mi servono da tutta Italia con un click, e vado a ritirarli nella piccola ed efficientissima biblioteca del mio paese. Posso perfino chiedere delle scansioni di passaggi che mi interessano (le scansioni arrivano gratuitamente nel giro di 24 ore nella mia casella di posta elettronica).
Il tipo di lavoro che io svolgo non richiede un contatto diretto, quotidiano e costante, con altre persone. Quindi il grosso della traduzione lo svolgo tranquillamente alla mia scrivania senza distrazioni. Ovviamente, il confronto con altre figure professionali e con i colleghi è necessario e prezioso. Quindi non sto affatto dicendo che lavoro isolata, sia chiaro. Ho scambi frequenti (ogni volta che lo ritenga necessario o opportuno) con le redazioni, i consulenti, i revisori, i curatori, eccetera. Non sono isolata: questa modalità di lavoro non isola (è un mito che va sfatato). Semplicemente, azzera il chiacchiericcio – cosa che per me è un gran vantaggio.
Certo, nel tuo settore è una prassi ormai consolidata. E si riflette nell’impostazione del Master ICoN, a ben vedere, se pensiamo che tutte le attività didattiche (tirocinio incluso) preparano gli aspiranti traduttori ad una modalità di lavoro autonomo da remoto.
Infatti. In questo periodo si sono dette molte cose sulla didattica a distanza, facendo generalizzazioni improprie. Il nostro master è rivolto ad adulti, e quindi i problemi riscontrabili in altre fasce di età non ci toccano. Non solo: è rivolto ad adulti che si stanno preparando a un lavoro che si svolgerà da remoto. Quindi, in pratica, offrire un master universitario in traduzione su una piattaforma e-learning significa formare da subito i corsisti, facendoli lavorare nella stessa modalità che poi adotteranno nella loro professione (quasi senza eccezioni).
Significa anche che ogni singolo messaggio caricato sul forum è un messaggio scritto: in altre parole, poiché sul forum è necessario rispettare alcuni standard, anche solo partecipando a una discussione noi facciamo esercizio. Esercizio di comunicazione e di scrittura.
Non c’è il rumore di fondo che può esserci in un’aula in presenza. Ci si concentra più facilmente. Ed è falso che manchi il prezioso tessuto degli scambi interpersonali. I corsisti dialogano tra di loro fuori dalle aule virtuali (in una sorta di “corridoio” costituito dai vari social); e comunque, anche all’interno delle aule – cioè negli ambienti dove si svolge la didattica – c’è dialogo e molta collaborazione. Sui forum che io gestisco nascono anche delle amicizie. Le persone disponibili alla socializzazione non si lasciano sfuggire alcuna occasione!
C’è anche un altro aspetto fondamentale, poi, ed è quello della preparazione all’autonomia. I corsisti imparano a contare su se stessi, a sfruttare fino in fondo le proprie risorse, a valutare il proprio lavoro – e, ovviamente, anche a chiedere assistenza, quando è indispensabile.
Un altro tema che ci viene in mente, sempre a proposito di comunicazione, è la riscossa del settore tecnico-scientifico. Anni fa abbiamo discusso di come la professione del traduttore sia spesso associata nella mentalità comune alla traduzione di testi letterari, ma in questi anni (per non parlare di questi mesi) ci siamo accorti quanto la comunicazione scientifica abbia un peso non indifferente. Possiamo solo immaginare quanti testi medici stanno circolando ora a livello internazionale; oppure sulle tematiche ambientali, un altro argomento “caldo”. Che cosa ne pensi?
Naturalmente la traduzione scientifica e la traduzione tecnica (che sono cose diverse) sono sempre esistite, anche se se ne parlava molto meno; c’era una mentalità un po’ curiosa, per cui si considerava la traduzione letteraria in qualche modo superiore, e si pensava che quanto veniva stabilito in quell’ambito fosse necessariamente trasferibile in blocco, così com’era, agli altri tipi di traduzione. In realtà, si tratta di campi che godono di una buona indipendenza. Alcuni principi, i principi fondamentali del tradurre, valgono per tutti i tipi di traduzione; poi, se ci si addentra in un settore particolare, si scoprono aspetti che sono più accentuati nella traduzione scientifica e meno in quella letteraria – e viceversa.
Detto questo, dovremmo anche ricordare che le categorizzazioni (testo letterario, scientifico, tecnico), quando sono spinte troppo oltre, quando sono esasperate, non sono utili, anzi: risultano controproducenti. Io ho tradotto saggi scientifici contenenti descrizioni poetiche, a tratti prosa lirica, e anche passaggi autobiografici, dialoghi, insomma una varietà straordinaria di generi e registri: tutto all’interno di un saggio scientifico. Non è che un saggio scientifico sia scritto da pagina 1 a pagina 523 sempre con gli stessi toni, senza mai modulare. Il traduttore deve essere versatile. Deve saper cambiare pelle, dev’essere una creatura mimetica. Queste sono caratteristiche importanti per chi si accosta a questa professione. Anche la traduzione tecnica, in particolare se i testi sono rivolti a lettori non specialisti, richiede una grande sensibilità e notevoli capacità di immedesimazione e comunicazione. Per non parlare degli importantissimi risvolti etici della traduzione scientifica – e, in questo campo, la costante ricerca della chiarezza, del rigore logico, di una prosa essenziale.
Detto questo, il traduttore dovrebbe orientarsi nella direzione che sente più “sua”, più affine alla sua forma mentis e al suo tipo di intelligenza (Howard Gardner insegna). Attingendo alla mia esperienza professionale, mi sento di affermare che la traduzione scientifica può dare grandissime soddisfazioni; inoltre è un’ottima palestra anche per chi poi voglia prendere strade diverse. Ovviamente, chi ha una formazione umanistica dovrà colmare le probabili lacune disciplinari – ma questo accade sempre quando si affronta qualsiasi specializzazione.
Micro-imprenditorialità e autopromozione: anche queste sono parole chiave di questo periodo storico. Vale per moltissimi freelance, non solo traduttori, e tu stessa hai parlato spesso di come queste capacità siano essenziali per inserirsi nel mercato del lavoro. Come sono cambiate le cose in questi anni? Siamo passati da un’élite a un esercito? E se sì, come distinguersi nel mare magnum?
Per quanto riguarda i cambiamenti avvenuti in questi anni, forse posso dire che c’è maggiore consapevolezza della necessità di una formazione seria e mirata. Non ci si improvvisa. Moltissima gente si propone, questo è vero, ma l’élite resiste: intendo dire, i traduttori con una formazione solida, i traduttori bravi, ci sono e non devono sentirsi minacciati. Ci saranno alti e bassi, ma la loro professionalità sarà sempre riconosciuta.
Come distinguersi nel mare magnum? In primo luogo, bisogna imparare a compiere su noi stessi quell’operazione che in genere facciamo sulle nostre traduzioni. Prendere le distanze e rileggere. Prendere le distanze, e guardarci allo specchio. Sono pronta? Posso propormi a livello professionale? Quali sono i miei punti di forza? Quali sono le mie debolezze? In questo, un percorso come il nostro master, per esempio, può essere veramente prezioso. Un ambiente protetto, collaborativo, non competitivo, in cui tutti hanno lo scopo di migliorarsi (e di dare una risposta onesta alle fatidiche domande appena elencate).
Un’altra cosa importante e spesso trascurata è quella di mettersi nei panni dei nostri interlocutori. Presentarci a loro mostrando di conoscere le loro esigenze e l’ambiente in cui operano. Non Il mio sogno nel cassetto è fare X; invece, Io so che voi avete bisogno di persone capaci di fare X, e io sono tra quelle. Mettetemi alla prova. È un cambio di prospettiva importante. Leggo spesso di molte persone, per esempio, che vorrebbero entrare nel mondo editoriale, ma si capisce benissimo – da quello che dicono e da come lo dicono – che non ne sanno nulla (un po’ come se uno volesse partecipare a una spedizione al Polo Nord, ignorando il fatto essenziale che da quelle parti fa freddo e bisogna essere ben equipaggiati. Un eccesso di ingenuità, insomma). Queste persone vogliono entrare in un meccanismo, ma non si preoccupano di studiarlo. Pensano di sfondare la porta, e invece bisogna entrare con garbo. Questo è importante. Non concentrarsi solo su di sé, ma dare spazio all’interlocutore.
Crisi come opportunità: ormai suona come un luogo comune, eppure abbiamo molto da dire a riguardo. Il Master ha accolto spesso, oltre che neo-laureati, anche professionisti che per diverse ragioni hanno dovuto ripensare la propria carriera. Oppure ha fatto fruttare un percorso di studio in maniera “alternativa”, sfruttando le competenze maturate per un mestiere a cui non si sarebbe mai pensato. Che cosa ci puoi dire a riguardo?
Crisi come opportunità: sì, è un luogo comune, un po’ come “il cane è il miglior amico dell’uomo”. Ma il fatto che queste frasi siano luoghi comuni non intacca le verità profonde che contengono. Comunque sia, è realmente possibile convertire una crisi in opportunità. Le crisi ci obbligano a vedere scenari ormai obsoleti in una luce nuova. Nella mia storia di docente di scrittura e di traduzione ho incontrato moltissime persone non più giovanissime (diciamo nella fascia di età tra i 35 e i 55 anni) che desideravano dare una svolta alla propria vita, cambiare rotta. Per esempio, ho lavorato con molte persone che anni prima avevano dovuto fare scelte di studio e lavoro dettate non dalla passione ma da altre considerazioni e che, dopo una carriera in quella direzione (mai sentita veramente propria), desideravano finalmente rimettersi in gioco e seguire altre vie, facendo leva sulla maturità acquisita nel frattempo. Immagino che queste “altre vie” possano essere molto diverse, a me ovviamente capita di incontrare persone il cui tragitto alternativo porta alla traduzione, o comunque al lavoro con le parole.
Non voglio dire che non sia un percorso difficile. Non voglio seminare false speranze. Ma voglio dire che – se il desiderio è forte e la voglia di mettersi in cammino è seria – è una strada percorribile. Si può cambiare rotta a metà della vita, si può seguire un progetto nuovo. È possibile. E se si desidera farlo, va fatto. Lo dobbiamo a noi stessi, credo.